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Sentirsi sospesa, cercando di immaginare il futuro

Fase tre. O due. O due punto qualcos’altro.
Non sappiamo in che fase siamo in questo presente del 2020, con un occhio che sbircia indietro e uno che guarda avanti, alla ricerca di un libretto di istruzioni che vada bene per tutte le giornate, che però, ahimè, non esiste.
Ci si sentiva in sospensione prima, quando eravamo in casa. E ci stava.

 

Ci si sente in sospensione anche adesso, cercando di immaginare il futuro.

 

In queste settimane ho coinvolto alcune amiche e clienti in una piccola indagine personale, per un confronto tra diverse sensibilità. Come prima domanda ho chiesto di trovare fino a tre aggettivi che descrivessero come si sentivano in questo periodo.
“Sospesa”, quello indicato dalla maggioranza.
Nelle varie risposte, la sospensione è sempre risultata essere legata all’incapacità di riuscire ad immaginare nuovi scenari. Se per qualcuna l’incertezza era affiancata dalla curiosità, per altre si traduceva in un senso di forte difficoltà.

La ripartenza chiede di mettersi in moto.
Quasi che la conoscenza della nostra vita di prima prema, in un certo senso, sull’impazienza di recuperare il tempo in cui dovevamo restare a casa.
Se ci si sente a rilento, la preoccupazione è quella di passare per pigre. Ma la vita di adesso porta con sé il cambiamento: chiede un tempo, naturale, per essere messa a fuoco, per raccogliere nuovi elementi di definizione. Per progettare il nostro essere al mondo abbiamo bisogno di allineare al presente le memorie del passato con nuovi dati.
L’incerto può dunque essere una fase immaginativa, in cui al momento stare.

Una delle partecipanti al mio piccolo questionario ha aggiunto questo pensiero:

 

“come posso pensare il futuro oggi se lo raffronto al modo in cui lo pensavo qualche mese fa?”

 

In questa sensazione di un mondo prima e un mondo dopo, lo stare sedute su quel che non si conosce è davvero destabilizzante: il cambiamento crea nuovi sentieri neuronali, e siccome la nostra specie tende sempre alla sopravvivenza, il cervello avverte quello che non conosce come un potenziale pericolo. Questo spiega perché spesso, quando possiamo scegliere tra un’esperienza nuova e una già conosciuta, tendiamo a scegliere la seconda perché collaudata, anche se la prima potrebbe sorprenderci e risultare più adatta a noi.
Quello che conosciamo, quello che sappiamo come funziona, ci rassicura (sul perché il nostro cervello sia avido di certezze esistono pubblicazioni scientifiche abbondanti, ad esempio questa, in inglese).

 

Il futuro non si può conoscere.

 

Quando siamo preoccupate, la tentazione è quella di cercare di anticipare quello che può accadere. Mal che vada, ci diciamo, saremo pronte al peggio.
Nello stato di cose attuale tutto è reso ancora più faticoso dal protrarsi nel tempo di questa situazione di emergenza che, di fatto, è ancora in divenire.
Le preoccupazioni danno la sensazione di prepararci ad un’eventuale delusione ma di fatto non c’è controllo su come le cose andranno a finire.
Certo, è più semplice lasciarci andare alla reazione istintiva che ci fa pensare al negativo. Apparentemente ci costa meno fatica. Ma alla fine che garanzia ci dà? Non possiamo controllare l’incontrollabile.

 

Possiamo dare una possibilità alla fiducia.

 

Aver fiducia non vuol dire non agire ma basarsi su una versione realistica dei rischi che corriamo. Una prospettiva equa. Vuol dire considerare che le cose potrebbero andare male, ma forse anche no. Potrebbero andare bene, anche se non sappiamo cosa questo significhi.

 

Ti lascio un esercizio da fare con carta e penna.
(Sì, scrivendolo. Perché così rimane davanti agli occhi, e poi quando è scritto diventa un promemoria a cui possiamo tornare a fare riferimento.)
Pensa ad almeno cinque situazioni in cui eri certa che le cose sarebbero andate malissimo. Un esame, una situazione al lavoro, una richiesta fatta, una scelta presa. Un incidente. Un rischio affrontato. Qualcosa che hai perso.
Qualcosa per cui non hai dormito la notte pensando a mille congetture possibili. Ma anche qualcosa che a inizio giornata sembrava un disastro e poi a fine giornata ha preso un’altra piega.
Ecco, per ogni cosa che ti viene a mente, a fianco indica quali sono stati i risultati positivi e inaspettati.
Sono sicura che dopo le prime resistenze, ti inizieranno a venire a mente sempre più situazioni.

 

Vale la pena di dedicarci un po’ di tempo per allenare la fiducia per cercare di cominciare a immaginare il futuro.

 

Spesso è con il senno di poi che riusciamo a capire che le cose che sembravano dover andare male si sono risolte per il meglio.

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